Zero

[Gli animali gridano tutto il loro dolore, e muoiono, mentre vengono trasportati] ”sulle navi bestiame verso il Middle Est e la balena morente con un arpione giapponese che le esplode nel suo cervello mentre lei chiama il suo balenottero [...] Se qualunque altro organismo vivente avesse fatto [quello che ha fatto e sta facendo l’Uomo] un biologo lo definirebbe un VIRUS  [...] La terra può produrre abbastanza cibo per la necessità di tutti, non per l’ingordigia [di pochi!...] L’asse del male [quello vero] attraversa le tavole imbandite, e le armi di distruzione di massa sono i nostri coltelli e le nostre forchette. La Pace non è solo assenza di guerra: è la presenza di Giustizia! La Giustizia deve essere imparziale davanti a razza colore religione e specie!"

Se tutto il male che alcuni uomini provocano fosse portato alla conoscenza di tutti, vi sarebbe l’abolizione immediata, plebiscitaria, della Società così come la conosciamo: misogina, corrotta, fondata sulla sofferenza dei ¾ del mondo umano e della quasi totalità del mondo animale.

Perché, Uomo, non vuoi sapere? Per la tua ingordigia condanni il mondo intero.



Frustrazione


L a consapevolezza ci abbatte perché ci fa rendere conto delle nostre azioni, di quanto siano inutili, dell’enorme lavoro che ancora c’è da fare; la consapevolezza ci aiuta a raccogliere anche le ultime briciole di forza per andare avanti, a scovare l’energia necessaria a fare quel passo in più, quell’atto necessario a mettere un mattone, fosse anche solo uno, che va a far parte della costruzione democratica di cui un paese ha bisogno.
L’inconsapevolezza ci rende felici di quel poco che abbiamo, incuranti dell’esito delle nostre e delle altrui azioni; l’inconsapevolezza ci dona lo spensierato vivere fino alla finale caduta nel baratro che ci attende, ignari del fatto che si sarebbe potuta fare anche una minima cosa per evitarlo, ma vivere nell’inconsapevolezza è stato troppo bello, e abbiamo reso la nostra vita misera ed inutile per un attimo di gioia effimera.
La consapevolezza ci fa arrabbiare quando ci accorgiamo che fino a quel momento non ci siamo impegnati, battuti, spesi abbastanza per collocare anche una minima reazione a favore di un mondo più giusto; la consapevolezza che siamo stati indifferenti ci getta nel buio della nostra inutile vita, ma, la consapevolezza ci da la forza per cambiare, ci indica la via, ci fa compiere atti che fino a quel momento neppure ci saremmo sognati, nell’inconsapevolezza del vivere.
La consapevolezza rompe l’incanto che l’inconsapevole vive con pienezza, cieco al dolore, all’ingiustizia al divario sociale che lo circonda, lo rende partecipe, non più indifferente; oppure lo amputa così profondamente della gioia di vivere da farne una larva, lo priva di qualsiasi energia e lo scaraventa nell’inferno che lo circonda, impietosamente; quell’inferno dove molti altri consapevoli tentano di spegnere le fiamme, si bruciano... assieme agli inconsapevoli, perché anche se non hanno compreso quello che succede periscono allo stesso modo, ma con una dignità diversa, meno partecipe e con un’espressione di sorpresa sul viso.
L’inconsapevolezza per le persone è come il latte per il neonato, è difficile staccarsene, è una droga, si vive meglio se non si fa caso a certe cose, se le si ignorano. Tuttavia, per alcuni, la consapevolezza entra senza bussare, prepotente scuote la coscienza e ti dice che ora o fai qualcosa o muori. Chi invece ha piena coscienza e perpetra il male ha una coscienza diversa, drogata dal potere, dalla smania di sopraffazione, vive un altro tipo di inconsapevolezza, quella della sociopatia; non conosce altra gioia se non quella del proprio potere, nulla lo spaventa ed è disposto a fare qualsiasi cosa per affermarsi, questo vale sia su piccola che su larga scala; queste persone sono molto pericolose e difficili da individuare perché dissimulano molto bene, ed in genere sono molto furbe; quando acquisti consapevolezza di averne una accanto può essere troppo tardi, così come è arrivata molto tardi, per tantissime persone, la consapevolezza di avere come classe politica una manica di corrotti per di più incompetenti.
Il tempo dello sconforto, una volta acquistata consapevolezza,  va lasciato alle spalle quanto prima, per accelerare la collaborazione in attività con altre persone consapevoli determinate a migliorare lo stato sociale, va condotta una vita tesa alla proposizione ed a far consapevolizzare altri, amici, conoscenti, vicini e lontani.
La consapevolezza di non poter vincere non abbatte perché, una volta intrapresa la via, siamo consapevoli che le grandi cose si fanno un passo alla volta, e se non si comincia non si arriverà mai a destinazione; la consapevolezza di dare ad altri, in futuro, un percorso per un mondo migliore, ci getta nella gioia dell’inconsapevolezza del fatto che tanto sarà tutto inutile, che la memoria storica è un’illusione, che stiamo perseguendo un’Utopia; Utopia destinata a rimanere tale grazie all’inconsapevolezza di chi, drogato dal benessere, continua la sua vita infischiandosene alla base, costretto in un giogo che ignora, ma felice di quel poco che ha. Mentre tutto, attorno a lui, brucia, soffre, si ammala, decade e getta ogni cosa in questo inferno dell’umanità, dove ogni aspirazione è sublimata e delusa, dove il 99% delle persone dà la propria esistenza per arricchire il restante 1%. Consapevoli di dover fare qualcosa ma inconsapevoli di che cosa; inconsapevolezza del consapevole e inconsapevolezza della vita. Prepotente è la domanda.
Chi si rende conto che qualcosa non va in alcuni casi rifugge il problema per lo sconforto e diventa fatalista; in altri casi si arma di volontà e pazienza e cerca dei rimedi allo stato delle cose. Cominciamo da quest’ultimo genere di persone. Quello di opporsi alle ingiustizie è un bisogno che taluni sentono, e questo li avvantaggia rispetto a chi diventa fatalista. Il fatalista è più debole psicologicamente, è emotivo, ma va aiutato ed indirizzato, per fare in modo che non cada più preda delle trappole che la vita che ci fanno condurre ci pone innanzi. Purtroppo l’argomentazione che “siamo tutti nella stessa barca” non funziona; occorre adoperarsi per farla rendere partecipe a quanta più gente possibile, intercettando chi ha voglia di mettersi in prima linea in questa lotta senza speranza. La consapevolezza di un obbiettivo comune è quanto di meglio per far aggregare le persone, ma l’inconsapevolezza che tanti hanno su tematiche e sui problemi che toccano anche loro, è talmente diffusa da rendere lo sforzo sbilanciato a favore di chi trae vantaggio dalla divisione; nell’ipotesi in cui una buona fetta della popolazione, diciamo un terzo, si dovesse coalizzare per il raggiungimento di pochi ed essenziali obbiettivi, l’élite che ci impone questa vita meschina verrebbe spazzata via in pochi giorni. Per quanto mi riguarda, basterebbe questo argomento a convincere una persona matura e moralmente sana ad opporsi ed a combattere, con le armi della democrazia e della non violenza.
Eppure vediamo, tutti i giorni, lo stesso trantran, il ripetersi del carosello, si continuano a fare le stesse cose, programmati ad hoc per non reagire, a chiudere gli occhi ed a giudicare chi si oppone come “violento”, non considerando i motivi delle proteste e di chi brandisce un manganello, non considerando il filtro enorme che i media mettono nel trasmettere quelle immagini; o più semplicemente avendone un terrore tale da farcene allontanare invece di approfondire, quindi, acquisirne consapevolezza.
È brutto essere consapevoli? Sì. Perché si smette di vivere nella propria gabbia dorata, si va incontro a delusioni e ci si rende conto che c’è tanto lavoro da fare, senza pace.
È bello essere inconsapevoli? No. Perché quando poi arriva il momento, ed arriva sempre, il tonfo e grande, ed è proporzionato al tempo che si è rimasti inconsapevoli. Si può anche perdere se stessi, e con se stessi, la vita.

Il libero mercato


Con le promesse di lavoro, negli anni passati, il mercato ha assicurato, per gli anni seguenti, il degrado ambientale; con la scusa del progresso tecnologico, si sono avvallate politiche di sviluppo che non tenessero in conto, se non con espedienti falsamente interessati, della salvaguardia ambientale, per di più non si è voluto proseguire sulla strada della tutela del lavoratore, naturalmente a vantaggio di un mercato sempre più liberalizzato, al punto di arrivare a configurare le persone come merce: “risorse umane”.

Le regole del mercato sono regole che non tengono minimamente in conto del loro impatto sulla vita in generale ma, queste regole, si fondano unicamente sul profitto, sulla convenienza cioè, che una determinata azione può avere per chi la compie, nel disinteresse totale verso chi o cosa è al di fuori di questa logica. La logica del profitto.

Ci stiamo facendo dominare da qualcosa che non rispetta ne la natura umana ne la natura in generale; figuriamoci se può rispettare le idee di progresso legate al benessere collettivo, che sono indissolubilmente legate alla salvaguardia dell’ambiente e della vita. In buona sostanza, il mercato è l’antitesi, questo per sua intrinseca natura, di ciò che può avvicinarsi al concetto di buon senso.

Servaggio


Nell’ultimo breve discorso di Antonio Scurati, in lettere dal nord, lui, Scurati, metteva in risalto un aspetto inerente la nostra realtà storica traendo spunto di riflessione dall’ultima vicenda internazionale che ha visto come protagonista l’ormai ex presidente del fondo monetario internazionale Strauss - Kahn.
L’analisi riguarda il progressivo avvicinamento, durante soprattutto gli ultimi 15 anni, ad un servilismo che si pensava ormai superato, più specificamente ad un servaggio. Condizione in cui le persone sottoposte sono considerate addirittura sub-umane, indegne di avere il minimo riguardo, né più né meno che oggetti da sfruttare per i propri bisogni, anche sessuali.
Anche dalle ultime vicende politiche si evince, oltre alla pochezza della nostra classe politica, l’uso disinvolto, diciamo il ricorso, a mezzi come il comprare favori in cambio di una poltrona, che si espande poi, socialmente, nella considerazione che hanno di noi: siamo una banca di voti; serviamo per legittimare il loro potere che, una volta raggiunto, consente loro di fare qualsiasi cosa, anche di disattendere le promesse elettorali. Che è quello che è successo fino ad ora, soprattutto con questo governo.
Una giovane, durante la manifestazione tenutasi davanti al CNR e ripresa dalla troupe di Annozero,  che diceva che la  politica europea ha fallito perché ha fatto e sta facendo pagare la crisi ai più deboli, ha tradito la sua ingenuità: la politica europea proprio per questo ha avuto successo; è in questo modo, cioè facendo pagare la crisi ai più deboli, che ha perseguito il suo scopo, che altro non è che quello di accrescere le ricchezze della finanza privata, dalle banche alle multinazionali.
Si tenta così il ritorno forzato al servaggio tramite una politica mirata; perpetrata ormai sempre meno subdolamente e che desta sempre più indignazione nelle popolazioni, come testimoniano gli “indignados” spagnoli. Ma, nonostante questo auspicabile senso di ribellione allo strapotere dettato dalla politica economica sconsiderata, questa non demorde dai suoi obbiettivi, lasciando presupporre che ci vorrà ben altro per farla desistere dallo stolto proposito di un ritorno al servaggio.